mercoledì 12 settembre 2012

FINANZA COMPORTAMENTALE, OVVERO....LEZIONI DI COMPORTAMENTO FINANZIARIO


Nel marzo 1952 nacque quella che oggi conosciamo come la “Moderna Teoria del Portafoglio”. Negli anni ‘90 fu tutto un parlare di frontiere efficienti, media varianza, performance “risk-adjusted”, ottimizzazioni di portafoglio.
Le banche e le società di gestione cominciarono ad assumere massicciamente laureati in matematica e statistica, nacquero i primi “Quant Department” ovvero team di matematici che applicavano ai mercati modelli quantitativi di ottimizzazione.
Quando nel 2002 il premio Nobel per l’Economia venne assegnato ad uno psicologo per il suo lavoro nella finanza comportamentale, gli operatori alzarono la testa dai modelli per scoprire che nella realtà l’homo oeconomicus non esiste, che gli individui non agiscono secondo criteri di razionalità ma sono sempre condizionati dai propri limiti, dalle emozioni, dalle informazioni e dalle competenze imperfette.
Ma allora chi ha ragione, o meglio, cosa è più utile, la moderna teoria del portafoglio che descrive il funzionamento dei mercati con eleganti modelli matematici, o è invece più adeguata la finanza comportamentale che descrive come funziona la testa degli individui e dunque il loro comportamento?
La domanda è volutamente ingannevole: naturalmente sono utili entrambe.
Harry Markowitz ha avuto il grande merito di ricondurre il rischio dalla dimensione impalpabile di concetto (le obbligazioni sono meno rischiose delle azioni) alla dimensione concreta e misurabile di numero (la deviazione standard) e ha portato in evidenza la nozione cruciale di correlazione: una coppia di titoli assicurativi ad esempio non costituisce una diversificazione forte come quella data da un titolo assicurativo ed uno industriale (nei termini tecnici della teoria di portafoglio, la co-varianza della seconda coppia è inferiore alla co-varianza della prima coppia costituita da due titoli del medesimo settore).
D’altro canto la finanza comportamentale ha il merito di evidenziare i limiti della (presunta) razionalità, ammonisce che le regole dei mercati finanziari sono controintuitive e il loro contrasto con la natura umana richiede un maggiore impegno per evitare errori.
Meglio ancora, è opportuno frapporre qualcuno, come un esperto o un Consulente Finanziario, tra le scelte di investimento e le emozioni che inevitabilmente condizionano i comportamenti: nessuno rinuncerebbe ad un avvocato in una controversia giudiziale, o a un chirurgo nel caso di bisogno, eppure molti investitori pensano di poter “fare da sè” la propria pianificazione finanziaria.
Anche pensando alla necessità del Consulente finanziario, cioè tenere insieme la tecnica con la mente, le esigenze e le emozioni "irrazionali" spesso fanno commettere errori imperdonabili, frutto di una errata valutazione del rischio, ma ancor di più di una cattiva pianificazione in sede di allocazione delle risorse finanziarie, causata da emozioni del momento o da emulazioni con personaggi il cui comportamento e relativo profilo di rischio non corrispone affatto all'interessato.
A partire da questo mese, in collaborazione con l'Università "Ca' Foscari" di Roma e con un partener di eccellenza come Swiss&Global, e per circa 6 mesi, perfezionerò la mia conoscenza in merito, ed avrò(per chi lo desidera) cura di aggiornarvi sugli aspetti che riterrò essere interessanti.
Un abbraccio a presto
Mauri

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