venerdì 23 novembre 2012



                            IL BAR DI HELGA

Helga è la proprietaria di un bar, di quelli dove si beve forte.

Rendendosi conto che quasi tutti i suoi clienti sono disoccupati e che quindi dovranno ridurre le consumazioni e frequentazioni, escogita un geniale piano di marketing, consentendo loro di bere subito e pagare in seguito. Segna quindi le bevute su un libro che diventa il libro dei crediti (cioè dei debiti dei clienti).



La formula “bevi ora, paga dopo” è un successone: la voce si sparge, gli affari aumentano e il bar di Helga diventa il più importante della città.

Lei ogni tanto rialza i prezzi delle bevande e naturalmente nessuno protesta, visto che nessuno paga: è un rialzo virtuale. Così il volume delle vendite aumenta ancora.
La banca di Helga, rassicurata dal giro d’affari, le aumenta il fido. In fondo, dicono i risk manager, il fido è garantito da tutti i crediti che il bar vanta verso i clienti: il collaterale a garanzia.



Intanto l’Ufficio Investimenti & Alchimie Finanziarie della banca ha una pensata geniale. Prendono i crediti del bar di Helga e li usano come garanzia per emettere un’obbligazione nuova fiammante e collocarla sui mercati internazionali: gli Sbornia Bond.

I bond ottengono subito un rating di AA+ come quello della banca che li emette, e gli investitori non si accorgono che i titoli sono di fatto garantiti da debiti di ubriaconi disoccupati. Così, dato che rendono bene, tutti li comprano.

Conseguentemente il prezzo sale, quindi arrivano anche i gestori dei Fondi pensione a comprare, attirati dall’irresistibile combinazione di un bond con alto rating, che rende tanto e il cui prezzo sale sempre. E i portafogli, in giro per il mondo, si riempiono di Sbornia Bond.



Un giorno però, alla banca di Helga arriva un nuovo direttore che, visto che in giro c’è aria di crisi, tanto per non rischiare le riduce il fido e le chiede di rientrare per la parte in eccesso al nuovo limite.

A questo punto Helga, per trovare i soldi, comincia a chiedere ai clienti di pagare i loro debiti. Il che è ovviamente impossibile essendo loro dei disoccupati che si sono anche bevuti tutti i risparmi.



Helga non è quindi in grado di ripagare il fido e la banca le taglia i fondi.

Il bar fallisce e tutti gli impiegati si trovano per strada.



Il prezzo degli Sbornia Bond crolla del 90%.

La banca che li ha emessi entra in crisi di liquidità e congela immediatamente l’attività: niente più prestiti alle aziende. L’attività economica locale si paralizza.



Intanto i fornitori di Helga, che in virtù del suo successo, le avevano fornito gli alcolici con grandi dilazioni di pagamento, si ritrovano ora pieni di crediti inesigibili visto che lei non può più pagare.

Purtroppo avevano anche investito negli Sbornia Bond, sui quali ora perdono il 90%.

Il fornitore di birra inizia prima a licenziare e poi fallisce.



Il fornitore di vino viene invece acquisito da un’azienda concorrente che chiude subito lo stabilimento locale, manda a casa gli impiegati e delocalizza a 6.000 chilometri di distanza.

Per fortuna la banca viene invece salvata da un mega prestito governativo senza richiesta di garanzie e a tasso zero.





Per reperire i fondi necessari il governo ha semplicemente tassato tutti quelli che non erano mai stati al bar di Helga perché astemi o troppo impegnati a lavorare.

Bene, ora potete dilettarvi ad applicare la dinamica degli Sbornia Bond alle cronache di questi giorni, giusto per aver chiaro chi è ubriaco e chi sobrio .
Piaciuta la storiella illustrata? fate i vostri commenti....
Un abbraccio Mauri




mercoledì 21 novembre 2012

               E’ RIGORE QUANDO L’ARBITRO FISCHIA  


 Di troppo rigore si muore, eppure non si può avere crescita economica senza aver riportato ordine nei conti pubblici e fiducia nel debito sovrano.
Come un ombra  lo spettro della reces­sione continua a minacciare l’Europa: la crescita del PIL è negativa anche nel 3^ trimestre e le ombre si allungano sul­la Germania che registra un rallentamento dell’attività eco­nomica e delle esportazioni. A settembre gli ordini dell’indu­stria tedesca sono calati del 3,3%, la produzione è calata del 1,8%, le esportazioni sono calate del 2,4%, dato che non ha sorpreso nel segno (due terzi delle esportazioni della Germa­nia sono verso un’Europa sempre più povera) ma nell’am­piezza (atteso -1,5%).La crescita economica per l’Europa è ancora lontana mentre l’aggressione del debito e le politiche volte alla sua stabiliz­zazione non saranno sostenibili a lungo. “Senza il nostro ri­gore oggi non ci sarebbe l’eurozona” si legge nel documento pubblicato dalla Presidenza del Consiglio “Appunti di viaggio” ad un anno esatto dal giuramento.
“Rigore è quando arbitro fischia” diceva l’indimenticabile Vujadin Boskov.
Nell’Eurozona la partita sembra cristallizzata al rigore fi­schiato dalle autorità politiche. Ma di troppo rigore si può anche morire e se nelle partite al primo tempo di gioco segue la ripresa, al rigore fischiato in Europa, non è ancora seguito il secondo tempo, la “ripresa” appunto”. E’ stato calcolato l’effetto recessivo dell’inaspri­mento fiscale intervenuto in Italia negli ultimi due governi, pari a 4 punti di PIL: “in assenza di variazioni nella politica  fiscale, l’economia italiana si contrarrà di altri due punti-due punti e mezzo. Alla luce di questi conti mi chiedo che cosa possa indurre all’ottimismo sulla crescita”. Sulla stessa lun­ghezza d’onda Mario Draghi che ha esortato a non aumenta­re le tasse.
I deficit fiscali persistenti in molti paesi europei sono arriva­ti ad un punto dove austerità e tagli alla spesa sono divenuti inevitabili e nel contempo intollerabili i loro costi sociali e politici. Una politica di austerità indiscriminata, basata su ta­gli alla spesa e incremento di carichi fiscali può rivelarsi un errore. Sono stati misurati gli effetti economici ma forse si sono sottostimati i costi sociali: le manifestazioni e gli scon­tri con le forze dell’ordine in molte città europee danno voce al doloroso allargamento degli spread sociali, al furto di fu­turo subito dai più giovani.
Sfortunatamente, non si può semplicemente sostituire l’au­sterità con la volontà di far crescere l’economia (ehi, perché nessuno ci ha pensato prima?). La strada della spesa pubbli­ca per interventi anticiclici è inibita: l’Italia negli ultimi decen­ni è stata campione di spesa pubblica ma fanalino di coda nei tassi di crescita. Il rigore dei conti in ordine resta la pre-con­dizione per continuare a finanziarsi a tassi sopportabili ma esso deve essere affiancato da misure che restituiscano spe­ranza, che facciano vedere a tutti, se c’è, “la luce in fondo al tunnel”.  L’unico sentiero per la crescita sostenibile è quello che passa per aggiustamenti e modifiche strutturali delle economie accompagnati da una nuova governance europea, vera sfida dei leader europei. L’Europa è all’ultimo miglio, la cooperazione europea costituisce probabilmente l’unico combustibile alla ripresa: se nei fatti la sovranità nazionale è già violata dalla sorveglianza e dal verdetto dei mercati, allo­ra probabilmente cooperazione e concerto sovranazionale sono le necessarie premesse per la ripartenza.
Le banche centrali, la Fed come la BCE hanno iniziato ad esplorare nuovi territori ed hanno reinventato la politica mo­netaria con strumenti eccezionali come l’allentamento quan­titativo. Si tratta di esperimenti di politica monetaria “in cor­pore vili”, praticati cioè sull’organismo pulsante dell’economia senza precedenti sperimentazioni. Efficace nel contrastare sfide cicliche di breve periodo, la politica monetaria non for­nisce però soluzioni di lungo periodo: essa “compra tempo” alla politica fiscale, l’unica in grado di sciogliere i nodi strut­turali del lavoro, dello sviluppo, della ricerca, della distribu­zione della ricchezza. La responsabilità resta alla politica perché “spetta ai governi lo sforzo maggiore nella riconqui­sta della credibilità” ha ricordato Draghi nell’inizio del suo intervento in Bocconi la settimana scorsa. I governi devono mostrarsi capaci di accettare la rinuncia parziale alla sovra­nità fiscale in cambio della condivisione comunitaria del far­dello dei debiti. “La crisi ha messo in luce la necessità di portare a compimento l’Unione economica e monetaria” ha detto ancora Draghi.
Negli Stati Uniti la vittoria di Obama conferma la prosecuzio­ne di una politica monetaria espansiva e una politica fiscale accomodante con la middle class, quel ceto medio spina dor­sale dei consumi interni. In Cina il cambio di leadership è avvenuto nel segno della continuità, proseguirà il cambia­mento strutturale dell’economia cinese, ovvero un ruolo cre­scente dei consumi interni a scapito delle esportazioni tale da rendere sostenibili tassi di crescita compresi nella for­chetta 6%-8%. Le economie di USA e Cina offrono all’Europa i chiodi in parete ai quali assicurare le proprie speranze di crescita. I leader europei dovranno dimostrarsi capaci di guardare oltre la convenienza politica del breve termine ver­so il più prezioso interesse comune. In una settimana decisi­va (Europa, Grecia, bilancio comunitario), la prevalenza degli interessi nazionali sarà dimostrazione di vista corta e coste­rà ulteriore ritardo a quella integrazione su cui sembrano tutti d’accordo. Si tratta di puntare al medesimo obiettivo perché, come dice il saggio Boskov, “per segnare bisogna ti­rare in porta”.

Un abbraccio a presto Mauri

P.S. un ringraziamento al centro studi S&G per le informazioni

venerdì 9 novembre 2012

ELEZIONI AMERICANE E POSSIBILI SCENARI FUTURI

La corsa alle elezioni è stata unica nel suo genere, vista la difficoltà nell’interpretare le previsioni di voto a causa della loro contraddittorietà. Ogni partito o quotidiano ha utilizzato differenti dati statistici ed ognuno credeva che il proprio candidato sarebbe stato vincente fino al giorno delle elezioni, con un margine rassicurante sull’avversario. Pertanto, per i mercati è stato difficile interpretare le previsioniConseguenze del voto Probabilmente Ben Bernanke rimarrà il Presidente della Federal Reserve fino al 2014 ed anche oltre; con la presidenza di Romney, per lui non vi sarebbe stata alcuna possibilità di continuare a ricoprire l’incarico. Conosciamo il modo di operare di Bernanke, quindi possiamo attenderci che non vi saranno sostanziali modifiche nei prossimi
mesi: le politiche monetarie continueranno a supportare la ripresa dell’economia e del mercato del lavoro. Il “fiscal cliff”* sarà affrontato nei primi mesi del 2013 e farà parte delle discussioni in merito ai tagli alla spesa e agli aumenti fiscali che saranno affrontati nell’ambito delle discussioni relative alla riduzione del debito pubblico, parte fondamentale del piano di spesa pluriennale. Le elezioni presidenziali hanno avuto un impatto minore in termini di composizione del Congresso: sembra che i Democratici abbiano leggermente incrementato la necessario un accordo bipartisan per analizzare la questione del fiscal cliff. La mancanza di un significativo cambiamento negli equilibri di potere a Washington dovrebbe essere favorevole per il raggiungimento di un buon compromesso, ma rappresenterà la maggiore sfida del 2013. Le tasse probabilmente aumenteranno (comprese quelle sui dividendi e sui redditi da capitale), soprattutto per i patrimoni più elevati, ma i cambiamenti non saranno incisivi tanto quanto vorrebbero i Democratici, dal momento che i partiti dovranno giungere ad un accordo sulle previsioni di spesa. Sia i Democratici che i Repubblicani nel Congresso dovranno negoziare su parte delle loro richieste in termini di tasse e spesa pubblica. La politica energetica è ancora incerta. La vittoria di Obama non è una notizia negativa sotto questo punto di vista, ma non è neanche positiva tanto quanto sarebbe stata quella di Romney. Una politica di investimenti in campo energetico sarà probabilmente implementata, ma occorrerà più tempo per definirla con l’amministrazione Obama. La spesa sanitaria potrebbe essere oggetto di pressioni da parte degli oppositori, ma la manovra implementata da Obama (c.d. Obamacare) non sarà stravolta. Questo risolve alcune controversie ed è probabilmente un buon risultato per le aziende operanti in questo settore. Anche la spesa per la difesa potrebbe essere oggetto di maggiori pressioni, ma non ci si attende un taglio netto.
Conclusioni Il risultato elettorale ha chiarito alcuni punti incerti sulla politica statunitense e questo è sempre positivo per i mercati, ma l’aspetto chiave per i prossimi mesi sarà la revisione del bilancio,  e discussioni in merito a questo tema influenzeranno l’andamento dell’economia e dei mercati nel 2013. La buona notizia è data dal fatto che Obama cercherà di giungere ad un accordo velocemente. Il rischio è dato dal fatto che se non risolvesse questo aspetto in tempi brevi, perderebbe la possibilità di raggiungere qualsiasi altro obiettivo nel corso dei prossimi quattro anni di mandato.
Un grazie al centro studi di INVESCO, alla prossima un abbraccio Mauri